giovedì 21 ottobre 2010

«IL CICLISMO E' UNO SPORT DI SQUADRA»: PAROLA DI FILIPPO POZZATO

«I miei compagni mi hanno aiutato a vincere: senza di loro le vittorie non sarebbero arrivate»: così ha confidato Filippo Pozzato agli studenti del “Pantani”, che ha incontrato oggi al Palayamamay. Il corridore non ha quindi dubbi: «Il ciclismo è uno sport di squadra».
La presenza di un gruppo all’altezza, ha sottolineato il campione del team Katusha arrivato quarto ai mondiali del mese scorso in Australia, «è indispensabile soprattutto nelle tre grandi corse a tappe: il Giro, il Tour, la Vuelta». Ma lo spirito di squadra è qualcosa che va ben oltre i semplici corridori che indossano la stessa maglia: coinvolge uno staff ben più ampio, in cui ha un ruolo fondamentale il team manager: ruolo rivestito, nel caso della società per cui pedala Pozzato, da Roberto Damiani, intervenuto al Palayamamay insieme al corridore per spiegare la sua funzione di «coordinatore della squadra, che intrattiene un rapporto di reciproca stima con gli atleti, dalla preparazione fino alla corsa: soprattutto durante la gara ci si sente veramente una squadra, perché si cerca di coinvolgere tutti i corridori nel raggiungimento di uno stesso obiettivo».
Per il team Katusha era presente anche Massimo Besnati, medico sportivo: un compito che, ha precisato, consiste «non solo nel curare la forma fisica, ma anche nel garantire le leggi che regolano la pratica sportiva». Da questo punto di vista, ha chiarito Besnati, «la legislazione italiana è una delle più avanzate nella tutela della salute dell’atleta: è tra le migliori in Europa». Anzi, come ha aggiunto Damiani, proprio il ciclismo, più volte travolto dalle polemiche sul doping, «è lo sport che garantisce la maggior trasparenza, con gli atleti che devono sempre essere disponibili al controllo del sangue e delle urine e che devono dichiarare ogni loro spostamento». Così, se i corridori cedono addirittura una percentuale dei loro premi per i controlli anti-doping, un’altra proposta vorrebbe che destinassero a questo scopo anche l’1% dello stipendio: «Non lo ritengo giusto, ma se può servire alla credibilità di questo sport, ben venga». Del resto, «mai come in questo momento il ciclismo è stato sotto controllo: non abbiamo più una vita personale libera, ma l’importante è che la gente capisca. Faccio questo sacrificio anche per le generazioni future». Un sacrificio che, d’altra parte, è ben ripagato dalla soddisfazione delle vittorie: «Nei due o tre secondi in cui ti rendi conto che stai vincendo provi un’emozione che non riesci a esprimere», ha risposto il corridore vicentino a Gianluca Modesti, studente della classe V B nonché giovane promessa delle due ruote, così come la sua compagna di scuola Arianna Coltro, di V A, pure intervenuta nel corso del dialogo con il campione, insieme al quale si sono fatti entrambi immortalare (nella foto sotto).

In ogni caso, non è il ciclismo lo sport con più casi di doping: casi che «nel 90% riguardano cicloamatori o mediofondisti, non atleti di alto livello», ha spiegato ancora Damiani.
E Pantani, ha voluto chiarire a questo riguardo Pozzato, non è morto di doping: è morto, invece, perché «gli è mancato qualcuno che gli fosse umanamente vicino: forse è stato considerato troppo solo come atleta e poco come uomo». Così il corridore ha voluto ricordare il Pirata, cui è intitolato il nostro liceo.
Insomma, come ha spiegato la coordinatrice del liceo sportivo Sara Ciapparella, quella di oggi è stata un’occasione per «conoscere le gioie e i dolori che questa professione comporta e per conoscere non solo l’esperienza di un atleta, ma anche quella dei tecnici che lavorano nel suo staff e che ci permettono di capire meglio le dinamiche che regolano la pratica sportiva a livello professionistico».
Non è mancato all’incontro un tifoso del ciclismo d’eccezione: il sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli. Il primo cittadino ha portato i suoi saluti agli studenti, confessando la sua stima all’atleta ospite: «Qualche settimana fa ero tra coloro che speravano nel primo posto di Pozzato al mondiale».

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