«Ho vissuto senza sabati sera, ma alla lunga si è rivelato un sacrificio che ho fatto con piacere, perché mi dava dei risultati». Parola del campione di basket Giacomo Galanda, in arte “Gek”, che ha incontrato questa mattina gli studenti delle classi prime e seconde del liceo «Pantani». Il capitano della Cimberio Varese ha sottolineato l’importanza della rinuncia non solo in ambito sportivo, visto che «in qualsiasi campo vogliate impegnarvi, è fondamentale avere una scala di valori».
Quello andato in scena al Palayamamay è stato un vivace dialogo, che ha visto il cestista udinese coinvolgere gli studenti da protagonisti, invitando chi di loro pratica attività agonistica a raccontare la propria giornata tipo. L’obiettivo è stato quello di mostrare l’esigenza di coniugare «sport e studio: ho sempre creduto nell’aiuto che l’impegno sportivo può dare anche in ambito scolastico, permettendo di avere una concentrazione maggiore nel momento in cui si studia». Questo il messaggio lanciato dal giocatore biancorosso, diplomato al liceo scientifico e poi costretto a lasciare gli studi accademici di economia e commercio per le difficoltà a frequentare l’università dovute ai continui trasferimenti da una città all’altra. Ciò nonostante, ha aggiunto, «non ho mai smesso di credere nel valore dello studio». Da qui l’invito che il capitano "Gek", 10 anni passati in nazionale, ha rivolto ai ragazzi del liceo: «Concentratevi sia sullo sport sia su una carriera che vi possa dare un futuro anche nel momento in cui finisce la vostra attività agonistica». Importante, a suo giudizio, praticare anche altre discipline atletiche oltre alla propria: «Io stesso ho iniziato con il nuoto».
Galanda non ha tralasciato, ovviamente, di rispondere le curiosità degli alunni, a partire dal motivo per cui è ritornato, nel 2006, al Varese dove aveva già giocato una stagione, nel 98-99, quando con i colori biancorossi aveva conquistato lo scudetto. E’ stato proprio quello l’anno che, ha sottolineato, «mi ha cambiato la carriera: da giovane promessa sono diventato uno che vinceva». Ecco perché tre anni fa è stato «contento di ritornare a casa», dove ha deciso di rimanere nonostante la retrocessione in A2 alla fine della scorsa stagione.
Adesso ha «l’onere e l’onore», come ha precisato rispondendo alla coordinatrice del liceo Sara Ciapparella, di guidare una formazione che viaggia in cima alla classifica: un ruolo che comporta «doveri e piaceri, perché tocca a te alzare la coppa, ma devi saper gestire la squadra anche nei momenti difficili». Soprattutto per chi si è trovato a portare al braccio la fascia di capitano dopo «la terribile stagione scorsa: si perdeva per poca convinzione e collante nella formazione. Quest’anno bisognava non vincere a tutti i costi, ma giocare per vincere, che significa divertirsi, ma anche far funzionare la squadra».
Quello andato in scena al Palayamamay è stato un vivace dialogo, che ha visto il cestista udinese coinvolgere gli studenti da protagonisti, invitando chi di loro pratica attività agonistica a raccontare la propria giornata tipo. L’obiettivo è stato quello di mostrare l’esigenza di coniugare «sport e studio: ho sempre creduto nell’aiuto che l’impegno sportivo può dare anche in ambito scolastico, permettendo di avere una concentrazione maggiore nel momento in cui si studia». Questo il messaggio lanciato dal giocatore biancorosso, diplomato al liceo scientifico e poi costretto a lasciare gli studi accademici di economia e commercio per le difficoltà a frequentare l’università dovute ai continui trasferimenti da una città all’altra. Ciò nonostante, ha aggiunto, «non ho mai smesso di credere nel valore dello studio». Da qui l’invito che il capitano "Gek", 10 anni passati in nazionale, ha rivolto ai ragazzi del liceo: «Concentratevi sia sullo sport sia su una carriera che vi possa dare un futuro anche nel momento in cui finisce la vostra attività agonistica». Importante, a suo giudizio, praticare anche altre discipline atletiche oltre alla propria: «Io stesso ho iniziato con il nuoto».
Galanda non ha tralasciato, ovviamente, di rispondere le curiosità degli alunni, a partire dal motivo per cui è ritornato, nel 2006, al Varese dove aveva già giocato una stagione, nel 98-99, quando con i colori biancorossi aveva conquistato lo scudetto. E’ stato proprio quello l’anno che, ha sottolineato, «mi ha cambiato la carriera: da giovane promessa sono diventato uno che vinceva». Ecco perché tre anni fa è stato «contento di ritornare a casa», dove ha deciso di rimanere nonostante la retrocessione in A2 alla fine della scorsa stagione.
Adesso ha «l’onere e l’onore», come ha precisato rispondendo alla coordinatrice del liceo Sara Ciapparella, di guidare una formazione che viaggia in cima alla classifica: un ruolo che comporta «doveri e piaceri, perché tocca a te alzare la coppa, ma devi saper gestire la squadra anche nei momenti difficili». Soprattutto per chi si è trovato a portare al braccio la fascia di capitano dopo «la terribile stagione scorsa: si perdeva per poca convinzione e collante nella formazione. Quest’anno bisognava non vincere a tutti i costi, ma giocare per vincere, che significa divertirsi, ma anche far funzionare la squadra».
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