giovedì 26 marzo 2009

SPORT E DISABILITÀ, LEZIONE AL "PANTANI" SU UN MONDO TUTTO DA SCOPRIRE

«In Italia l’attività sportiva per i disabili inizia troppo tardi: la nostra nazionale era la più anziana presente a Pechino». A testimoniarlo è stato Roberto Bof, giornalista inviato speciale alle Paraolimpiadi del 2008, intervenuto questa mattina al Palayamamay, dove ha incontrato gli alunni delle classi seconde e terze.
Il telecronista ha seguito da vicino gli atleti del Varesotto che hanno gareggiato nelle squadre di ciclismo e canottaggio: una rappresentanza che «ha portato a casa oltre un terzo delle medaglie». Tra queste l’oro del ciclista Paolo Vigano nell’inseguimento e quello della formazione di canottaggio, un gruppo nato a Gavirate tra il 2002 e il 2003.
Queste e altre imprese compiute in Cina dagli agonisti diversamente abili sono stati raccontati da Bof anche attraverso alcune immagini degli eventi cui ha assistito. Le Paraolimpiadi, ha osservato, «sono il massimo che si può ottenere nell’ambito della pratica sportiva per disabili: dietro questi risultati c’è un mondo che vi invito non a farvi raccontare, ma a conoscere direttamente».
Questo il messaggio che il giornalista ha lanciato ai ragazzi, sottolineando l’importanza del volontariato, che «non significa sacrificare il tempo libero per gli altri: può essere magari l’accompagnare anche solo un amico a praticare la propria attività sportiva. Dire che si dona il tempo è una bella frase, ma in realtà si tratta semplicemente di rendersi utili. Così come nessuno vi dice che perdete tempo perché state al bar, allo stesso modo dovrebbe essere anche per il volontariato». E’ questo un modo per avvicinarsi a un mondo che spesso viene presentato dai mass-media con una visione distorta: ne è un esempio la vicenda di Oscar Pistorius, l’atleta disabile prima escluso e poi riabilitato a partecipare alle Olimpiadi di Pechino, dalle quali è rimasto comunque fuori per non aver realizzato il tempo necessario. Proprio la mancanza di questo requisito dimostra, secondo Bof, che si tratta di una polemica montata, anche perché «Pistorius non sarebbe stato il primo disabile alle Olimpiadi. Si è creato un caso per motivi commerciali: tant’è vero che il suo sponsor è la Nike. Ciò non toglie che sia una brava persona, estranea al carrozzone che è stato costruito intorno a lui».
E’ perciò importante conoscere da vicino un mondo nel quale, al di là del volontariato, può aprirsi anche una vasta gamma di prospettive di lavoro: il medico dello sport o il tecnico delle attrezzature, ma anche il giornalista che «racconta tutto lo sport» sono soltanto alcune delle potenziali professioni in questo ambito. L’ha sottolineato Linda Casalini, coordinatrice regionale del Comitato paraolimpico, che ha tracciato una breve storia dello sport per disabili, iniziato all’indomani della seconda guerra mondiale, con la riabilitazione dei numerosi militari mutilati, coinvolti in discipline di squadra. E’ più recente, invece, il passaggio dall’attività riabilitativa all’agonismo vero e proprio, con un’evoluzione molto rapida, negli ultimi anni, dello studio sulle attrezzature sportive.

La relatrice ha quindi delineato una panoramica del rapporto tra lo sport e i principali tipi di disabilità. A partire dalla più diffusa: quella motoria, che coinvolge in gran parte giovani tra i 20 e 30 anni, quasi tutti incidentati. Coloro che hanno subito un’amputazione, in particolare, hanno per la maggioranza perso un braccio o una gamba in un sinistro con la moto. Da qui l’appello di Linda Casalini agli studenti: «Le norme di sicurezza sono fondamentali: è importante rispettare le regole, soprattutto di buon senso». L’attività sportiva rappresenta quindi «una grande opportunità per riprendere la vita, che sembra si interrompa di fronte al dramma di una menomazione: invece si può ricominciare».
Per i disabili sensoriali, come i non vedenti, vengono invece proposti sport adattati, alcuni simili a quelli per i normodotati, altri diversi.
Fondamentale è inoltre lo sport per i disabili intellettivo-relazionali, che potranno partecipare per la prima volta a specifiche paraolimpiadi a Londra nel 2012, cominciando probabilmente dai down, la cui prestazione è più facile da valutare e che, comunque, possiedono spesso un buon quoziente intellettivo.
Tra i disabili intellettivo-relazionali rientrano inoltre parecchi giovani normodotati, che registrano «picchi di perdita della capacità cognitiva dovuti alla tossicodipendenza e soprattutto alle nuove droghe, che bruciano in modo irreversibile le cellule cerebrali», ha riferito Casalini, invitando gli studenti a «non fare uso di sostanze stupefacenti: i tossicodipendenti oggi non sono più solo gli “strafatti”, ma ragazzi che esagerano, bruciando le loro capacità cognitive».
Quella dello sport per disabili è una realtà viva nel Varesotto, dove sono attive ben 9 associazioni di volontariato che praticano quasi tutte le discipline riconosciute dal Comitato italiano paraolimpico (Cip), rappresentato stamattina dal presidente provinciale Oliviero Castiglioni. Parecchi atleti di queste società hanno gareggiato a Pechino, «raggiungendo ottimi risultati», mentre diversi di loro si stanno preparando per Londra 2012. Il responsabile dell’ente che rappresenta «lo specchio del Coni» nell’ambito della disabilità, nonché volontario della Pro Patria Polisportiva associazione disabili (Pad) di Busto Arsizio, ha colto l’occasione per invitare gli studenti del «Pantani» alla manifestazione in programma a Malpensafiere dal 30 aprile al 3 maggio. Qui potranno assistere a varie dimostrazioni di campioni disabili negli sport più diversi: dalla karate per ciechi al basket per i down, dal canottaggio al ping pong, fino al calcio balilla. Sarà anche possibile cimentarsi in una sfida con loro, ma senza farsi illusioni: «Sicuramente perderete voi».

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